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È finita. Ora è finita per davvero ed è solo tempo di silenzio. Riposa in pace Sinisa.
Chi è credente preghi il proprio Dio, chi invece ha altre idee in questione di religione, si rivolga alla Natura, al Creato o chi preferisce.
Il lutto, però, oggi è di tutti. Tifosi, simpatizzanti e gente comune. Lutto di tutti perché la storia di Sinisa è la storia di un pezzo di cuore ed un pezzo d’Italia. Un italiano di sangue serbo. Di Italia, Sinisa aveva tutto. La carriera, i gol, le squadre, la famiglia ed il sarcasmo. La sottile ironia di un leader, prima in campo poi in panchina. 30 anni di Italia, forse più ed un tir strapieno di ricordi. Un giro della penisola, un giro tra le città che lo hanno ospitato e conosciuto.
Roma, Genova, Catania, Bologna, Torino, Firenze ed ancora altre. Tante le città che hanno conosciuto il “peso” umano di Sinisa. Sinisa e non Mihaijlovic. Solo per nome come si fa con uno di Famiglia. Perché oggi finisce la favola di uno di Famiglia, uno che ha insegnato attraverso la lotta alla malattia. Forza, animo, determinazione, desiderio. Ci ha provato con tutto sé stesso e questo è di grande insegnamento. Ai giovani servirà leggere della lotta e della vita di Sinisa.
Uomo serio.
Il termine serio, ricapitola la vita terrena di Sinisa. Campo, calcio e famiglia.
Da giovane spigoloso poi divenuto sempre più “padre” dei suoi calciatori. A Bologna cittadino onorario e fratello dei bolognesi. Anni lunghi, belli e faticosi tra i Felsinei. Tribolati e felici poi terminati con un doloroso esonero. Oggi però di calcio non intendo parlare perché Sinisa era uomo di Sport e di valori. Alcuni hanno detto che la malattia lo aveva indebolito nel carattere, chi lo ha conosciuto prima, dice che ha solo fatto emergere il suo lato più umano, fragile e naturale.
Ora è tempo di silenzio e preghiera.
Ti sia lieve la terra fratello Sinisa, non ti dimenticheremo.
Buon viaggio Signor Mihaijlovic.