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“Il terzo tempo” è un romanzo che riconcilia con lo scorrere del tempo e invita ciascuno a trovare la propria dimensione anche nel passare degli anni affinché nulla sia perduto e offuscato solo dal senso di nostalgia.
Il titolo, “Il terzo tempo”, è una metafora evidente di quel tempo che, dopo l’antagonismo della gara, i giocatori dedicano a se stessi per rilassarsi, ritrovarsi, festeggiare forse, ma anche semplicemente godere di una partita giocata e vissuta.
Così appare l’avvicinarsi della vecchiaia, un terzo tempo che è dato alla vita di ciascuno non per rammaricarsi, non per rassegnarsi, non per chiudersi nel ricordo e nella nostalgia, ma per essere vissuto nella pienezza e nel significato del suo proporsi.
Certo, come dimostra Costanza, protagonista del romanzo, non è facile riconoscersi nell’abbandono della bellezza, della forza, dell’energia, delle passioni e riscoprirle in fome nuove, diverse, ma ugualmente significative. Eppure, guardare avanti ben sapendo che il più è già vissuto, non smettere di essere se stessi ma, anzi, continuare a rinnovarsi e a scoprire di sé cose nuove, è il modo migliore per vivere “quasi da adolescenti” la possibilità di una nuova consapevolezza di sé.
Costanza, personaggio inquieto, misterioso, arrogante persino, si trova come catapultata nel suo terzo tempo che sovverte tutte le sue aspettative, tutti i programmi e i calcoli che la portavano a inventare sempre nuovi progetti ma, come dice Dom il suo ex-marito, a non portarne mai a termine nessuno.
Forse la sua incompiutezza è nel timore della fine, portare a compimento un progetto significa, per lei, fare i conti con il tempo che passa e finisce mentre lei vuole vedere se stessa sempre in movimento, creativa ed energica, non importa che cosa ne sarà di quello che ha ideato.
Il terzo tempo, però, è anche il periodo della vita di ciascuno in cui si cominciano a tirare le somme, in cui, si assiste alla morte dei propri genitori, degli amici, e questo avvicina il pesiero della morte che ci coinvolge e che non lascia mai sospeso il suo progetto su di noi.
Così, dopo la morte del padre, Costanza inciampa nella consapevolezza del tempo che passa, ma, invece di affrontare se stessa donandosi una nuova voce, prova a ricostruire il passato, convoca tutti gli amici della sua giovinezza con i quali aveva vissuto in una “comune” con l’idea che invecchiare insieme avrebbe reso tutti eterni adolescenti, avrebbe fissato tutti in quell’attimo del passato in cui erano stati felici e spensierati.
Dom e il loro figlio Matteo non condividono questa idea. Matteo vive dei problemi di relazione profondi con la sua compagna, ma trova una madre persa in se stessa e incapace di comprenderlo volendo comprensione solo per se stessa. Dom, deluso dalla scelta di separazione impostagli dalla moglie, trova, infine una nuova compagna con cui esprimere il proprio bisogno di amore. Costanza resta sempre più sola, potrà davvero il suo progetto prendere forma? Servirebbe?
Lidia Ravera, con la sua scrittura agile e precisa, passa volutamente il testimone agli altri protagonisti lasciando che Costanza, intraprendendo un suo viaggio di memoria, sparisca fisicamente dalla scena lasciando ancora una volta a Dom il carico di portare a termine il suo progetto. Assente ma presente, Costanza potrà “tornare” solo se avrà conosciuto la meta del suo viaggio, l’avrà accolta e scelto di viverla pienamente nonostante non sia che il terzo tempo della sua vita. Troverà, Costanza, non solo la volontà ma la gioia di vivere pienamente e consapevolmente la sua vecchiaia? Solo il lettore potrà rispondere a questa domanda mentre, intanto, interroga anche se stesso.

“Il terzo tempo” è un romanzo interessante, intenso, scritto con intelligenza e competenza nell’uso delle parole per esprimere significati più profondi, è un romanzo cui decisamente va dedicata molta cura e attenzione.

Buona lettura.