• Tempo di Lettura:8Minuti

Davanti a un bivio, il Napoli. Da un lato c’è il Genoa, e la necessità di conquistare tre punti, perché con la vittoria di ieri, il Torino ha scavalcato i Campioni d’Italia, adesso desolatamente decimi. Dall’altro, una enorme incognita, che apre scenari inquietanti sul futuro degli azzurri. Guardando la classifica, raggiungere l’obiettivo minimino stagionale appare davvero una pura utopia. Si assottigliano sempre di più le possibilità di agganciare l’ultimo treno utile per la prossima Champions. E diventa arduo pure immaginarsi in Conference League. Ecco com’è andata…

Meret: 6

Difficile trovare un rapporto più strano di quello che s’è creato tra l’Airone ed il pubblico napoletano. Che ne aveva accolto senza grandi rimpianti l’accantonamento, causa infortunio muscolare, considerando indecifrabile il suo valore reale, costantemente dibattuto tra la “normalità” e il fenomeno giovanile, chiamato a mantenersi su livelli da extraterrestre. Il friulano indossa i panni del professionista serio e risponde da par suo. Al 6’ inchioda a terra la zuccata di Retegui. Ripetendosi con reattività al 26’, sempre sull’italo-argentino.  

Di Lorenzo: 5,5

Usa in maniera fluida le sue caratteristiche, sganciandosi dalla tipica posizione di terzino, per inserirsi tra le linee e creare superiorità numerica a centrocampo. Così, in teoria dovrebbe obbligare Martin a starsene sulle sue. In verità, nel primo tempo, proprio la connessione tra i “quinti”, col cambio gioco a ribaltare il fronte, da un lato all’altro, mette seriamente in imbarazzo il capitano azzurro. Preso spesso alle spalle dagli inserimenti dello spagnolo. Stanco, mentalmente prima che fisicamente. Inoltre, stranamente impreciso coi piedi. Unica nota di luce, al 45’ la discesa con diagonale, che stimola la respinta di Martínez.   

Rrahmani: 6

Poco fumo e tantissima sostanza, incendia il duello con Guðmundsson, un attaccante straordinariamente intuitivo nel tentare di mettere in imbarazzo il dirimpettaio con i suoi movimenti a svuotare il cono di luce centrale. Eppure, il kosovaro si mantiene ostinatamente in linea di galleggiamento, concedendo poco o nulla all’islandese. Che giustamente gode di un gran credito. Però oggi l’ha vista veramente poco. Non a caso, le cose migliori le ha fatte a trenta metri dalla porta, in qualità di rifinitore.  

Ostigard: 5,5

Si percepisce subito che si tratta di un centrale attento nelle letture preventive ed in situazione di marcatura diretta. Gli tocca in dote un cliente spigoloso, Retegui. Bravo a coprire la palla e famelico nel braccare i cross, a caccia della capocciata risolutiva. Eppure, ogni intervento del norvegese risuona di epica contesa guerresca.

(dal 46’ Natan: 5)

Trasmette una inquietante sensazione di preoccupazione in ogni suo movimento. In occasione del gol di Frendrup si dimentica banalmente di Retegui, che fa un semplice smarcamento largo-stretto per creare separazione. Banale chiedersi cosa abbia visto in lui la famosa area scouting per caldeggiarne l’acquisto. Uno sprovveduto, privo delle più elementari conoscenze difensive. Di giocatorino simili ne sono piene le categorie inferiori.  

Mazzocchi: 5,5

Mazzarri lo impiega nella stessa posizione di Mario Rui. Naturalmente occupa la posizione di laterale sinistro con un’indole decisamente diversa rispetto al portoghese, concentrandosi nel garantire copertura alle scorribande di Kvara. D’altronde, giocando a piede invertito, gli risulta complicato sovrapporsi e poi crossare col mancino. L’esatta misura della sua gara si riassume nella capacità di assorbire le voglie di Sabelli. E poco altro. Uno dei pochi a metterci l’anima. Purtroppo, palesa evidenti limiti qualitativi.

(dal 64’ Olivera: 6) 

Piede educato, forza nelle gambe. Ma scolastico nelle giocate. Si limita a svolgere il compitino, mentre serviva ben altro sull’out mancino.

Anguissa: 6

Ha un peso determinate in mezzo al campo. Perché è dinamico e “fisicato”; inoltre sa cosa farsene del pallone quando gli capita tra i piedi. La sensibilità nel tocco palla, la bravura nello sporcare le linee di passaggio, descrivono le sue caratteristiche, essenziali per garantire equilibrio in una mediana che dovrebbe lottare e governare. E invece si affloscia come un budino. Paradossalmente, è quello che si rende maggiormente pericoloso in zona gol. Al 14’ chiama alla parata Martínez con un tiro di controbalzo da fuori. Quindi al 73’ sfiora il pareggio di testa.   

Lobotka: 6

Imprescindibile, dal punto di vista tattico e della personalità, per mantenere ordinato il Napoli in entrambe le fasi. Con il suo celebre baricentro basso imprime un ritmo metodico al possesso, abbinandolo alla naturale inclinazione a non forzare il passaggio. Evidente intenzione di trovare con pazienza il varco giusto per l’imbucata. E quando si accorge che Gilardino ha ordinato di intensificare la pressione, fa girare la palla, anche solo per recuperare le energie. Canta e porta la croce, predicando nel deserto di idee manifestate da squadra con l’elettroencefalogramma piatto.

Traorè: 5

La società, coerente con un modello di gestione virtuoso e sostenibile, ritiene che per potenzialità possa essere una ghiotta occasione di mercato, specialmente in prospettiva. Dunque bisogna valutarne la futuribilità, perché il talento non si discute. Chissà che questa strategia non sia stata (indirettamente…) imposta all’allenatore, chiamato a valorizzarlo, al netto di una crisi congiunturale della squadra, che magari suggerisce di insistere sulle certezze, piuttosto che azzardare esperimenti. L’ivoriano è un profilo che potrebbe crescere. In ogni caso, al momento, è impresentabile.

(dal 58’ Lindstrom: 6) 

Il precariato gli si addice. Nel senso che ultimamente sta uscendo dalla panchina con voglia di fare. Talvolta ingenuo in certe giocate. Però testa e cuore non gli difettano. Ancora uno spicchio di partita da mezzala che satura i mezzi spazi, invece di perdersi con i piedi sulla linea. Un’altra cantonata presa dalla famigerata area scouting.  

Politano: 5,5

Non rinuncia mai a muovere il pallone con rapidità ed in modo ambizioso, aggredendo lungo la fascia oppure lo spazio davanti a sé. I compagni ormai hanno codificato a memoria i suoi movimenti. In primis, l’elettricità nel primo passo. Quando usa il corpo per fintare, e dopo stringe, la catena innesca il classico meccanismo che favorisce la sovrapposizione del terzino, oltre al sapiente smarcamento della mezzala dietro il centrocampo genoano. Ma va supportato nel modo giusto. Cosa che oggi non succede mai.

(dal 58’ Ngonge: 6,5) 

Quando si isola e tenta di allungare la difesa ospite, sviluppa un calcio qualitativo. Entra nel momento peggiore, cioè quando saltano le connessioni tra compagni e urge affidarsi all’estro dei singoli. Stimola due volte alla parata il portiere rossoblù. Quindi pareggia con un colpo di magia: la piroetta con cui si gira per mettersi nella condizione ideale di battere a rete col mancino diventa un gesto tremendamente efficace.

Simeone: 5,5

L’impressione che possa esaltarsi in un contesto maggiormente propositivo rimane. Nondimeno, sembra a suo agio pure come punta centrale, con un occhio di riguardo alla sponda. Sempre pronto ad accorciare in zona palla per offrire l’appoggio e associarsi al compagno con la palla. Teoricamente, lo scarico vicino diventa funzionale a risalire verso la trequarti del Genoa. In pratica, la squadra resta titubante e mantiene le linee strette e corte solo tra difesa e centrocampo. Tristemente isolato là davanti, si perde progressivamente, smarrendo tutte le sue certezze. Al 56’ arriva in ritardo all’appuntamento col tap-in, ciccando clamorosamente una comoda assistenza da spingere in rete.

(dal 74’ Raspadori: s.v.)

Nel calcio il rendimento indirizza le scelte. Jack continua ad essere un corpo estraneo. Manco appartenesse a una dimensione alternativa a quella che gli riconoscevamo appena pochi mesi fa. Da qualche tempo a questa parte, una iattura.

Kvaratskhelia: 6

Guardarlo ricevere palla mentre scivola sulla riga laterale, contando Sabelli che si frappone tra lui e la porta, oltre al raddoppio sistematico di Messias, lascia immaginare la fatica che dovrà fare per involarsi verso Skorupski. Ma il georgiano rimane il mago del dribbling, oltraggioso nello stretto. In grado di fare da apriscatole a difese chiuse ermeticamente. Spesso quest’anno la squadra non gira. Allora il georgiano riduce il match a una mera questione di uno contro uno (talvolta, contro molti…), utilizzando indifferentemente destro o sinistro. Si intestardisce negli assolo. Forse esagerando, consapevole della difficoltà a tirare fuori il Napoli dalla palude in cui s’è infangato.

Allenatore Mazzarri: 5

La proprietà avrà fatto anche un mucchio di scelte sbagliate nel dopo Scudetto, ma Walter sembra il meno adatto per risollevare le sorti di questa squadra, lontanissima dall’esprimere tutto il suo potenziale. Di fatto irriconoscibile, nonostante la rosa sia rimasta sostanzialmente inalterata rispetto all’anno scorso. Un tempo dominante attraverso un calcio sofisticato, oggi il Napoli vivacchia, tristemente trattenuto da un gioco nient’affatto moderno. Mazzarri è incapace di dare un’identità al gruppo. Disilluso, ma che forse tiene ancora un briciolo di qualità da esprimere. Insomma, le idee poco chiare circa il modulo, associate all’indole poco aggressiva, non fanno altro che aumentare il rimpianto per il passato. In definitiva, i Campioni d’Italia non si divertono; tantomeno risultano belli da vedere. A prescindere dall’esito finale delle partite. Porta sulla coscienza scelte iniziali discutibili e sostituzioni cervellotiche.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

RESTA AGGIORNATO SUL NAPOLI: