Cerchiamo di capire chi sarebbe il miglior allenatore cui affidare la rinascita del Napoli
Dopo una stagione imbarazzante la proprietà del Napoli si trova davanti a un bivio cruciale per il suo futuro: la scelta dell’allenatore. Nonostante abbiano già iniziato a circolare moltissimi nomi, non è ancora chiaro chi potrebbe essere il favorito per accomodarsi sulla panchina degli azzurri. Il problema principale sembra l’impossibilità di arrivare concretamente a profili d’élite, al netto delle voci veicolate nell’ambiente da una certa stampa vicina alla società, che insistono sul nome di Antonio Conte. Per quanto l’ex Inter e Chelsea possa rappresentare al momento l’unico in grado di riportare un po’ di entusiasmo in un ambiente alquanto depresso, il suo cachet è decisamente fuori budget, palesemente in antitesi con le idee relative agli emolumenti perseguita da De Laurentiis.
Trascurando almeno per il momento la circostanza che il presidente rimane un uomo di spettacolo, e come tale tendenzialmente orientato a sorprendenti coup de théâtre, cerchiamo di valutare non tanto i possibili candidati a guidare la squadra partenopea il prossimo anno, ciascuno di assoluto livello. Bensì, la soluzione ideale, funzionale poi a testimoniare la reale volontà di rilanciare in maniera prepotente le ambizioni della “sua” creatura.
Perché se ADL dovesse scegliere un target alla Conte, allora appare evidente l’intenzione di allestire una squadra da subito assai competitiva. Con tutti i rischi connessi alla necessità di dover investire massicciamente sul mercato, accontentando il nuovo venuto.
Qualora, invece, la proprietà non digerisse un piano del genere, tra l’altro, incoerente rispetto alla filosofia gestionale seguita finora, si profilerebbe all’orizzonte una decisione dal sapore marcatamente aziendalista. Tipo Stefano Pioli, per intenderci. Un tecnico per cui Don Aurelio nutre da tempo una certa predilezione. Con esperienza in contesti anche internazionali, guidando squadre costruite per inseguire in primis l’obiettivo della qualificazione alla Champions. Nondimeno, una scelta di rottura, se paragonata alla prospettiva Conte. Che per carattere e impostazione mentale non permette a nessuno di interferire con il suo lavoro. Figuriamoci tollerare gente che irrompe nello spogliatoio nell’intervallo di una partita con l’intento di fare una piazzata. Men che meno, tutele di qualche tipo, accomodate a bordo campo durante gli allenamenti quotidiani. Manco il gruppo avesse bisogno dell’insegnante di sostegno.
Insomma, la questione non gravita intorno al carisma dei candidati, tantomeno sulla loro abilità tattica. Più semplicemente, dirimere la situazione legata all’allenatore sarà l’ennesima indicazione dell’atteggiamento che De Laurentiis avrà nei confronti della squadra e dello staff. In sostanza, se vorrà continuare a comportarsi da show man, nella più classica delle amministrazioni egocentriche, accentrando su di sé attenzioni e decisioni. Oppure, consapevole dei clamorosi errori compiuti nell’annata post scudetto, fare un passo indietro, mettendo l’allenatore al “centro del villaggio”.
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