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Alberga uno strisciante senso di sfiducia sull’Italia. La prestazione decisamente arrendevole con la Spagna ha privato l’ambiente del giusto ottimismo circa il prosieguo del cammino europeo. Di sicuro non ha fatto bene agli Azzurri l’evidente incapacità nel contrastare il possesso iberico. Tantomeno, disinnescarne il pressing alto e asfissiante. Insomma, sembra che adesso il 4-2-3-1 interpretato in modo fluido dalla Nazionale fino a trasformarsi nel 3-4-2-1 visto finora in Germania manchi di equilibrio e solidità. Eppure Spalletti intende continuare a lavorare sulla formula del 3+2 in fase di costruzione.

Magari inserendo Fagioli al posto di Jorginho, così da perseguire il duplice scopo di favorire la risalita dal basso, tenendo al contempo Di Lorenzo bloccato sulla linea difensiva, molto vicino a Bastoni e Calafiori. Forse il capitano del Napoli è quello che necessità più di altri di almeno un turno di riposo, per riprendersi dall’emicrania causata dagli strappi di Nico Williams. Naufragato in una situazione in cui le colpe non erano solo sue. Invece, estrometterlo stasera equivarrebbe a frustrarne ulteriormente l’amor proprio, determinandone probabilmente un crollo emotivo. E il commissario tecnico è particolarmente esigente nel tutelare la compattezza del gruppo.

Spunti di riflessione pure in cabina di regia. Lo juventino potrebbe garantire visione nelle letture, oltre a maggior dinamismo rispetto al “brasiliano” dell’Arsenal. Lasciandosi prediligere a Cristante, che è un tipo di giocatore diverso: un metodista maggiormente statico, dal passo monocorde e cadenzato. Alla fine, la soluzione potrebbe essere, quindi, il doppio pivote, per puntare su un centrocampo di palleggio. Il romanista assieme a Jorginho, alla ricerca costante del possesso dominante, in grado di alzare la testa e stimolare i compagni alla ricezione di passaggi smarcanti. A completare il contesto tattico, Barella qualche metro più avanti e Darmian, pronto a vestire i panni dell’infortunato Dimarco.

Cambi in ogni reparto

Pare dunque che Spalletti voglia cambiare la batteria dei trequartisti. Dettaglio non di poco conto, nel calcio posizionale come quello di Spalletti, se l’attaccante centrale si sfila per ricevere palla, il pensiero di chi lo supporta deve sempre essere rivolto a scambiare nello stretto, oppure innescare il taglio tra le linee. Ergo, Barella ha le caratteristiche ideali per ricevere alle spalle del centravanti. Ma finora ha dovuto assolvere ad altri compiti, mancando una spalla in regia. Ad occupare lo spazio dietro Retegui, presumibilmente preferito a Scamacca, Chiesa, e Cambiaso preferito a Frattesi. Il risultato di tali posizionamenti permette a Cambiaso di galleggiare nella zona intermedia, occupando a sinistra il corridoio offensivo.

Uno scenario simile dovrebbe costringere la Croazia ad abbassarsi, consentendo agli Azzurri di guadagnare metri, creando i presupposti per essere pericolosi attraverso i movimenti di Barella. Che generalmente dovrà inserirsi nella zona del mezzo spazio di destra. Nel caso il terzino avversario lo seguisse, assorbendone lo strappo, allora l’interista andrebbe in profondità, liberando la traccia per un passaggio verso Chiesa. Cosicché, ribaltando il lato con il cambio gioco, il pallone giungerebbe proprio all’esterno della Juve, isolato in ampiezza nel classico uno contro uno. Funzionale a generare superiorità numerica per effetto di dribbling vincenti.

L’idea del c.t. rimane quella di addensare tanti uomini negli ultimi 30-40 metri, sottraendosi alla pressione dei croati tramite una serie continua di tocchi nello stretto: tanti scambi sul breve, e dopo, verticalizzare su Retegui o le mezzali.

Italia più intensa e dominate

Una delle cose che l’Italia deve far funzionare con energia e convinzione è la prima pressione sulla costruzione dei croati. Con la Spagna, infatti, l’idea originale di Spalletti era schierarsi con un 4-4-2, alzando Barella a sostegno di Scamacca. Messi sistematicamente in mezzo dal trio iberico, composto da Le Normand, Laporte e Fabián Ruiz. L’inferiorità numerica ha permesso poi agli uomini di De La Fuente facilmente le uscite, trovando linee di passaggio verso Rodri e gli esterni d’attacco, fotografando le enormi difficoltà di Jorginho. Obbligato a decodificare i movimenti di compagni e avversari, l’ex Napoli e Chelsea ha dovuto coprire una enorme porzione di campo, difendendo sia verticalmente che orizzontalmente. Scegliendo cioè in funzione dell’altezza del possesso spagnolo, se uscire aggressivo, lasciandosi però alle sue spalle Pedri, o mantenere un atteggiamento conservativo. Finendo, nondimeno, per rimanere sempre a metà del guado.

A decidere tatticamente una buona fetta della partita di stasera proprio l’abilità nel sottrarsi alla pressione altrui ed al contempo sviluppare un calcio intenso e dinamico, al cospetto di una Croazia ricca di esperienza e qualità. Ma talvolta orientata a concedersi qualche pausa di troppo nelle due fasi.

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