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Se l’Italia vuole trarre una lezione dalla prova ampiamente negativa con la Spagna, allora bisognerà avere maggiore consapevolezza del calcio che si vuole proporre. Perciò, passare tutta la gara nella propria trequarti non va più bene. Chiaramente, non è stata una scelta ideologica, voluta espressamente da Spalletti. Bensì, l’imposizione di un avversario nettamente superiore come la “Roja”, scesa in campo con l’evidente ambizione di dominare attraverso il possesso.

In questo scenario, i movimenti di Gianluca Scamacca avrebbero dovuto aiutare la squadra a trovate almeno un po’ di respiro, schiacciando talvolta all’indietro la retroguardia iberica. Del resto, il suo contributo è noto: riesce a segnare gol decisivi. Nondimeno, le sue caratteristiche tornano utili anche in fase di palleggio. Ovvero, in ciò che fa senza il pallone, quando riceve di spalle. Un lavoro fondamentale, perché sottrae i compagni dal pressing asfissiante. Al contempo, offre uno sbocco in verticale che dà un senso alla sofferenza della linea difensiva. Il problema è successivo a farsi vedere tra le linee. Perché con gli Azzurri corti, l’attaccante della Dea copre la palla. E dopo può scaricare all’indietro, favorendo la progressione della manovra. Ma se la Nazionale non accorcia prepotentemente in avanti, cosa ripetuta con disarmante continuità al cospetto delle “Furie Rosse”, l’atalantino rimane facile della preda dei centrali.

Scamacca da gregario

In effetti, Le Normand e Laporte, mortiferi in situazione di marcatura preventiva e diagonale di copertura, hanno reagito efficacemente ai tentativi dell’Italia di esplorare la profondità con il lancio lungo. Se pure Scamacca riusciva a posizionarsi tra il difensore e la palla, magari a girarsi, diventava poi semplice sottrargliela con un intervento diretto.

Insomma, nell’ultimo terzo di campo gli uomini di Spalletti hanno dimostrato di dipendere troppo dal rendimento del centravanti orobico. Che nonostante la stagione sontuosa ad apprendere calcio agli ordini di Gasperini, è ancora lontano da cannibalizzare gli ultimi sedici metri. Come invece ha fatto Morata. Espertissimo a questi livelli, così come gregario di certi palcoscenici s’è rivelato il numero nove della Nazionale.  

Poiché l’Europeo non è finito, il commissario tecnico dovrà prendere atto delle indicazioni espresse dalla sconfitta maturata contro la Spagna, in vista della sfida da dentro o fuori con la Croazia. Un’altra squadra che per indole si approccia alla partita in maniera aggressiva, costringendo gli avversari a sviluppare il loro gioco costantemente sotto pressione. Urge rimettersi subito in marcia, se davvero si vuol entrare nell’élite dell’Europeo.

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