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La politica è entrata in maniera scellerata nel mondo del calcio provocando danni e soprattutto tensioni. Durante la sfida tra la Romania e il Kosovo, match valevole per le qualificazioni ad Euro2024, i tifosi rumeni hanno intonato cori e sventolato striscioni a favore della Serbia e contro il paese kossovaro. Da anni tra i paesi slavi vi è una forte tensione che ha portato il Kosovo e Montenegro a staccarsi dalla Serbia. Le due piccole Nazioni sono state riconosciute sia in ambito europeo-politico che calcistico diventando paesi indipendenti. Queste tensioni però sono nuovamente emerse a causa di “tifosi” o per meglio dire politifosi che hanno voluto cancellare l’appartenenza dei cittadini del Kosovo.

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Dopo qualche minuto di gioco, la partita è stata sospesa a causa di uno striscione apparso dai tifosi della Romania che recitava: “Kosovo is Serbia” e intonando cori pro Serbia a discapito della piccola nazione slava. Una vicenda che esula dal calcio e che non solo danneggia l’immagine della Nazionale rumena, ma che apre un dibattito a cui basta una scintilla per scatenarsi e provocare danni inimmaginabili. La politica deve restare fuori dal rettangolo di gioco e in momento storico delicato come questo, cercare tensioni e provocare ulteriori problematiche oltre che ad essere inutile è sciocco e becero.

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Il calcio deve unire, deve essere un divertimento non uno sfogo o peggio uno strumento di divulgazione di un pensiero politico. Lo sport è libertà, unione, fratellanza non disunione o negazione. I fatti accaduti in Romania sono gravi sotto ogni punto di vista e chiunque abbia fatto entrare quello striscione dovrà essere punito dalla UEFA per evitare di intensificare un focolaio che arde tra paesi confinanti. E non solo nei Balcani ma anche nel resto del Mondo. Ci sono conflitti su larga scala per terreni o riconoscimenti vari e lo sport, in questo caso il calcio, non deve entrare e diventare strumento di propaganda.