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La guerra a Gaza potrebbe avere una nuova dimensione. Il primo ministro Netanyahu non esclude che l’intensità della guerra possa cambiare verso una condotta meno cruenta. Ma questo non è sinonimo di fine guerra.

Anche alcuni funzionari israeliani sono di quest’avviso. Questo tema sarà al centro dei colloqui tra il ministro Gallant e funzionari statunitensi. Si parlerà di fase “C” a Gaza che includerà oltre ai combattimenti anche aiuti umanitari.

Riviene alla luce il piano proposto da Gallant qualche mese fa. Prevedeva tre fasi: un primo momento contraddistinto da intensi attacchi aerei su obiettivi di Hamas; poi operazioni di terra mirate per individuare e sconfiggere le resistenze rimaste; infine la fase della sicurezza per gli israeliani con assenza delle capacità militari e politiche dell’organizzazione palestinese nella striscia.

Il punto cruciale e ancora nebuloso è proprio il governo di Gaza per il dopo. I palestinesi locali sarebbero coinvolti con l’aiuto delle Nazioni Unite e dei paesi arabi moderati. Israele manterrebbe il controllo militare e della sicurezza.

Ma non c’è solo Gaza. Perché a preoccupare è anche la Cisgiordania dove il pericolo di radicalizzazione è presente ed è alto. Israele starebbe cercando di aumentare il controllo dell’area e gli scontri con gli abitanti sono sempre più frequenti. Una parte delle tensioni è alimentata anche dai coloni israeliani.