“Il napoletano [dialetto] è romanzesco, fa spalancare le orecchie e pure gli occhi.”
Come dare torto all’autore che del napoletano italianizzato ha fatto poesia?
Accostamenti di termini insoliti che dipingono immagini comuni colorandole di luce nuova.
Questo è lo stile di Erri De Luca che in IL GIORNO PRIMA DELLA FELICITA’ racconta la storia di due orfani, uomo l’uno ragazzo l’altro, portiere di palazzo l’uno studente l’altro.
Don Gaetano è l’iniziatore del giovane “guaglione” all’età critica dell’adolescenza, alla sessualità, al rapporto complesso con la ragazza, Anna, promessa ad un carcerato poco raccomandabile.
Il ruolo di maestro di vita è esplicato però dal basso, dalle storie quotidiane, dai racconti della resistenza napoletana ai tedeschi.
Sottile il paragone tra gli scritti di Platone e i racconti di don Gaetano.
Lo scrittore dev’essere più piccolo della materia che racconta. Si deve vedere che la storia gli scappa da tutte le parti e che lui ne raccoglie solo un poco. Chi legge ha il gusto dell’abbondanza che trabocca oltre lo scrittore. Con Platone invece la storia sta chiusa tutta dentro il suo recinto, lui non lascia scappare fuori nessun guizzo di vita indipendente. I suoi dialoghi sono schierati in fila per due, botta e risposta, e avanti.
Don Gaetano è l’uomo di Napoli, quello cristallizzato da Eduardo De Filippo, che racconta Napoli attraverso le piccole cose, attraverso lo sguardo di quelli che, devono vedere tutto non come i ricchi che vedono solo ciò che vogliono”
Ha la capacità di leggere i pensieri e prevedere il futuro che però non ha nulla di paranormale: è la capacità di leggere la gente attraverso lo sguardo, un semplice movimento, un’espressione del volto. La capacità di una persona che ha visto il mondo e ha imparato a conoscerlo da solo.
In Il giorno prima della felicità la trama è semplice, lineare e lenta, i colpi di scena prevedibili perché non è sulla trama che si fonda il racconto, ma su una crescita interiore di cui il lettore diventa testimone.
Lo stile è semplicemente “napoletano”. Pur non essendo scritto in dialetto, porta con sé il colore di Napoli: l’ironia sottile, la saggezza “povera”, l’umiltà dell’animo.
Ci sono autori in grado di tenere incollati al libro a colpi di colpi di scena (scusate il gioco di parole) e ci sono scrittori capaci di accarezzare lentamente con pennellate di sentimenti e di atmosfere. Se poi sono atmosfere della Napoli di Eduardo, allora non ci si può sbagliare.
Buona lettura