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A seguito della guerra in Ucraina un mucchio di governi, non solo in ambito Nato, hanno fatto talmente tante pressioni sul CIO, minacciando il boicottaggio di Parigi 2024, da costringere il Comitato Olimpico a escludere Russia e Bielorussia, sua principale alleata. Certo, la base della sanzione appare un po’ tirata per i capelli. Nel senso che non è stata etichettata alla stregua di una condanna politica, conseguenza diretta dell’invasione. Bensì come infrazione della Carta Olimpica, che sancisce una tregua in prossimità dei Giochi. De facto, un reato minore, ovvero la violazione di un “regolamento sportivo”.  

Il CIO è pienamente consapevole di essere titolare di un grandissimo vettore di consenso globale. Ergo, cerca di difenderlo dalle ingerenze esterne, utilizzando il rispetto dei propri regolamenti per mantenersi autonomo rispetto alla politica. Anche se lo sport è per sua stessa essenza volano di grandissimi interessi. Che trascendono le ideologie. Nondimeno, in grado di utilizzare le competizioni agonistiche come campo di battaglia alternativo ai conflitti reali.

Brics vs CIO

In questo scenario è particolarmente interessante sottolineare l’atteggiamento ambivalente che i vertici olimpici continuano ad avere nei confronti di Mosca e Minsk, ai cui atleti sarà permesso gareggiare senza i simboli nazionali, solo in talune discipline e con alcuni atleti impegnati esclusivamente nelle gare individuali. Una scelta apparentemente distensiva, che però contrasta con le imposizioni accessorie: non devono appartenere a corpi militari. E non devono aver espresso pubblicamente opinioni favorevoli dell’invasione.

Lecito, dunque, chiedersi il motivo di questa apertura solamente parziale. Il motivo è presto detto. In ballo c’è la sopravvivenza stessa del movimento olimpico. Che se perdesse perdesse anche soltanto uno dei suoi membri verrebbe delegittimato, sino al punto da perdere la sua posizione monopolistica. Con il rischio che i fuoriusciti organizzino competizioni sportive concorrenti alle stesse Olimpiadi.  

Un po’ quello che starebbe pensando Putin, proprio in funzione anti-Parigi. La Russia, infatti, intende investire massicciamente sui “BRICS Games”, in calendario a Kazan il mese di giugno. E sui “World Friendship Games”, previsti a Mosca e Ekaterinburg in settembre. Questa situazione ha provocato una certa irritazione nelle stanze che gestiscono il potere sportivo globale a Losanna. A destare spavento soprattutto la forza attrattiva che rappresenta il raggruppamento delle economie mondiali emergenti formato da Brasile, Russia, India e Cina (appunto, Brics), con l’aggiunta di Sudafrica (nel 2010) e più recentemente, di Egitto, Etiopia, Iran ed Emirati Arabi Uniti.

Forse per questo il CIO mantiene aperta una finestra di dialogo con la Russia, proprio perché l’obiettivo nel lungo periodo rimane quello di reintegrarla. Così da mantenere intatto il valore dell’universalismo.

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